ALESSANDRO CARDINALE | Nüshu – Writing the Void
A cura di Anna Lisa Ghirardi, Marta Boscolo Marchi
Dal 19 ottobre 2024 al 12 gennaio 2025
Dopo la mostra dedicata ai miao, il Museo d’Arte Orientale continua a indagare la cultura delle diverse popolazioni della Cina (minzu) attraverso la rilettura contemporanea di un artista che proprio in Cina ha saputo imporsi all’attenzione della critica assicurandosi il primo premio alla V Biennale Internazionale d’Arte di Pechino nel 2012.
La mostra Alessandro Cardinale. Nüshu – Writing the Void presenta al pubblico dieci opere scultoree, tra queste cinque inedite, realizzate appositamente per questa esposizione.
L’artista si ispira in questo ciclo di lavori ai territori dello Hunan, alle donne yao e alla loro scrittura ermetica.
Due milioni di yao vivono oggi nelle zone montuose di Guangxi, Guizhou, Hunan e Guangdong. I diversi gruppi di questa popolazione parlano lingue differenti, non sem-pre mutualmente intelligibili. Alla già nutrita polifonia delle lingue, in alcuni gruppi dello Hunan, nella contea di Jiangyong, si è aggiunta nel tempo una scrittura sillabica di uti-lizzo esclusivamente femminile, il nüshu.
La diffusione della morale confuciana, anche presso la popolazione yao della contea di Jiangyong, aveva costretto le donne alle tre obbedienze (al padre, al marito e al figlio una volta rimaste vedove) e a una vita da recluse. Soprattutto verso la fine della dina-stia Qing, le giovani, confinate in casa, costrette a dedicarsi esclusivamente alla tessi-tura, al ricamo e alle attività domestiche, cominciarono a utilizzare sempre più frequen-temente questa messe di segni. Il canto (nuge) consentiva alle fanciulle di avvicinarsi al nüshu e, dopo averne appreso i caratteri, di scrivere poesie, preghiere, storie e can-zoni, dando voce alle proprie emozioni.
Il nüshu divenne così un codice riservato che consentiva di mantenere la propria iden-tità, le amicizie più intime, di dare voce alla cocente delusione per le aspirazioni in-frante e i diritti calpestati, di esprimere la sofferenza di una condizione di semischiavitù nella quale il genere femminile era costretto, secondo le usanze han.
Il nüshu era emblema di sorellanza e condivisione tra le ragazze che lavoravano in-sieme condividendo lo spazio di lavoro e riposo per molte ore al giorno. Il legame di profonda amicizia sopravviveva poi attraverso lettere e versi, anche quando si separa-vano per sposarsi.
Oggi il nüshu non si utilizza più: sopravvivono i versi ricamati e tessuti sulle vesti tradi-zionali delle donne, antico simulacro di un sistema di segni oggi ignoto al grande pub-blico. Ma per Alessandro Cardinale il nüshu ha potuto rappresentare una metafora per-fetta dell’ambiguità e della polivalenza dell’immagine, della sua inconsistenza e della sua forza, dell’essere fisica e mentale insieme, materiale o immateriale nel suo appa-rire e scomparire. Cardinale esplora l’immagine non come elemento stabile e sicuro dell’esperienza umana, ma nei suoi diversi aspetti di caducità, segretezza, polisemia, sia sul piano della percezione sia su quello del significato.
Per la suggestiva esposizione realizzata nelle sale del Museo d’Arte Orientale l’artista ha scelto di “scrivere il vuoto”, di creare cioè, attraverso sottili strisce di tela sagomate o utilizzando aste in ferro parallele, un’immagine in grado di apparire e scomparire sulla base della posizione assunta dal visitatore nello spazio. Lo sguardo può ricreare, attraverso il ritmo e la geometria degli elementi, una realtà inesistente, rispondendo alle regole di prossimità e continuità della percezione. La riflessione nell’ambito della tridimensionalità si sovrappone all’esperienza pittorica e a quella fotografica: nascono così opere dalle forme minimali, in cui la luce è elemento generatore di immagini, veri e propri svelamenti, che per loro natura sono evanescenti e incorporei.
I volti femminili, colti in atteggiamento riflessivo e insieme privato, e i paesaggi mon-tuosi dell’Hunan svaniscono al primo passo nello spazio. Tutto ciò alimenta l’enigma di un processo quasi iniziatico per afferrare un’immagine che esiste ma fugacemente scompare, proprio come le parole delle donne yao a lungo considerate inaccettabili e dunque, per la cultura ufficiale, del tutto inesistenti.
L’approccio dell’artista ai luoghi e alle culture non è mai virtuale: Cardinale ha com-piuto infatti alcuni viaggi esplorativi in Cina, uno dedicato proprio all’area dell’Hunan, tanto che per la progettazione delle sue opere attinge spesso direttamente al materiale fotografico raccolto.
Nella sua opera il contingente inoltre interseca la persistenza della memoria, conce-pendo il tempo come elemento fluido in cui transitorietà e fissità si sovrappongono. La meditazione si sposta persino dalla Cina del passato alla contemporaneità, in una vi-suale che supera i confini temporali e territoriali, tanto che l’opera è generata (e ge-nera) da plurimi spunti di riflessione: dal pensiero generale sulla comunicazione e le dinamiche delle relazioni umane alla possibilità di creare una storia diversa attraverso nuove vie.
Come le sottili barre, o strisce, osservate da una precisa posizione rivelano forme e messaggi, così anche il silenzio può avere voce, altrettanto la pluralità dei punti di os-servazione è metafora della possibilità di moltiplicare le prospettive sulla realtà, sulle possibili soluzioni.
Nota biografica
Alessandro Cardinale (Padova 1977) studia scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia. Sin da subito lavora nell’ambito della scultura e dell’installazione, sviluppando il tema della luce e della percezione. Nel 2012 espone presso il NAMOC National Art Museum of China e vince la V Biennale Internazionale d’Arte di Pechino.
Il suo lavoro è stato esposto in numerose mostre collettive e personali promosse da associazioni culturali, fondazioni, gallerie ed enti pubblici in Italia ed all’estero, tra i quali: NAMOC National Art Museum of China, Pechino – Cina; Factory 798 Art District, Pechino – Cina; Building Bridges Art Foundation, Los Angeles – USA; Istituto Italiano di Cultura, San Francisco – USA; Novalis Art Design – Istituto Italiano di Cultura, Hong Kong – Cina; Museo d’Arte Orientale, Venezia – Italia.
Le sue opere sono entrate a far parte di collezioni private e pubbliche, tra le quali: Fondazione Peano, Cuneo – Italia; MuSa – Museo di Salò, Civica Raccolta del Disegno di Salò, Salò, Brescia – Italia.