Mostra promossa da
Soprintendenza Speciale per il Patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il Polo museale della città di Venezia e dei comuni della Gronda lagunare sotto l’alto patronato del presidente della Repubblica
La prima grande mostra antologica del pittore seicentesco Carlo Saraceni giunge dal 22 marzo al 29 giugno alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, in una rinnovata edizione, in continuità con la recente esposizione romana. Una mostra fortemente voluta dalla Soprintendente al Polo Museale di Venezia, Giovanna Damiani, per far conoscere un artista fino ad ora quasi ignorato nella sua città d’origine.
Si tratta dell’unico artista veneziano del suo tempo che, voltate con decisione le spalle alla cultura artistica tardomanieristica veneziana e presa la strada di Roma, si accosta nei primi del Seicento alla visione artistica profondamente rinnovata in senso naturalistico di Caravaggio, assimilandola in modo graduale e del tutto originale.
CARLO SARACENI un Veneziano tra Roma e l’Europa è la mostra ideata da Rossella Vodret e curata da Maria Giulia Aurigemma, allestita nelle sale delle Gallerie dell’Accademia secondo percorsi e scelte espositive curate da Roberta Battaglia, al fine di sottolineare in particolare i legami del pittore con Venezia, dove nacque nel 1579 e dove poi morì nel 1620.
Il Saraceni, fu uno dei più precoci e importanti interpreti di Caravaggio e contribuì alla diffusione del linguaggio caravaggesco offrendone sempre un’interpretazione molto originale, caratterizzata dal vivido cromatismo intriso di luce della grande tradizione cinquecentesca veneta. Artista di successo colto e raffinato, sviluppò la sua arte principalmente a Roma dove giunse a circa vent’anni e dove era noto come il “Veneziano”. Rientrò nella città lagunare, chiamato dalla Serenissima per compiere un telero per Palazzo Ducale, ma morì solo dopo pochi mesi.
La mostra comprende una sessantina di opere, tra cui non mancano le principali commissionate al pittore da alcune tra le più influenti famiglie romane, come il Riposo dalla Fuga in Egitto dell’Eremo dei camaldolesi, eseguito per la famiglia Aldobrandini che aveva portato al soglio pontificio (dal 1592 al1605) un suo esponente Clemente VIII, e i dipinti eseguiti per alcune delle più importanti congregazioni ecclesiastiche straniere, come quella iberica di Sant’Adriano in Vaccino e quella tedesca di Santa Maria dell’Anima per la quale dipinse due autentici capolavori presenti in mostra.
Il percorso espositivo
“L’esposizione veneziana – scrive Roberta Battaglia – dà modo di seguire l’intero percorso dell’artista, secondo un ordine principalmente cronologico. Prende avvio dalla produzione di piccoli raffinati dipinti su rame, dove la novità maggiore sta nella predominanza data al paesaggio rispetto al racconto mitologico e biblico, frutto della profonda meditazione sui modelli dei pittori nordici specie di Adam Elsheimer . Nella serie mitologica del Museo di Capodimonte si aprono vaste lontananze paesistiche di largo respiro: qui la pittura restituisce al meglio la percezione sensibile dal vero, con particolare attenzione ai fenomeni della luce e dell’ombra e alle gradazioni tonali con cui sono definite le rocce, le masse arboree, i riflessi sull’acqua.
Il Transito della Vergine, dipinto per la chiesa di Santa Maria della Scala in sostituzione della celebre Morte della Vergine di Caravaggio, rifiutata perché giudicata priva di “decoro”, segna probabilmente il primo punto di contatto con il linguaggio caravaggesco. Segue di poco, infatti, la prima testimonianza documentaria del rapporto diretto tra Saraceni e Caravaggio, risalente al novembre del 1606, quando nelle aule di un tribunale Carlo Saraceni e Orazio Borgianni, accusati di essere i mandanti dell’attentato a Giuseppe Baglione, vengono detti “aderenti al Caravaggio”. Le repliche tratte da questa composizione, esposte in mostra, aprono sulle modalità di lavoro del pittore che attraverso di esse diffonde e promuove, quasi sistematicamente, le sue invenzioni e il suo stile sul mercato collezionistico.
Il percorso prosegue, tra fine primo e inizio secondo decennio, con alcune pale di dimensioni più ridotte, eseguite per membri di famiglia aristocratiche di preferenze progressiste, da destinare alla devozione privata oppure a piccole cappelle di cui avevano la titolarità come la Madonna col bambino e Sant’Anna della Galleria Barberini, dove il gusto pittorico in senso caravaggesco si irrobustisce ma dove le sollecitazioni del Merisi sono epurate della loro intrinseca drammaticità, per essere tradotte con un senso di dolce intimità e pacatezza.
E’ questo anche il momento in cui l’artista sviluppa la tematica di santi isolati, irrobustiti da viraggi chiaroscurali più intensi, campiti su fondali paesistici colti in particolari momenti del giorno così da temporalizzare il racconto e contribuire a trasferirlo nel presente potenziale dello spettatore dandogli anche una coloritura sentimentale: si veda in mostra lo splendido San Rocco della Galleria Doria Pamphilj, dove il pittore mette in scena il fatto evangelico con un tono dolcemente sentimentale .
Il percorso si conclude nella sala che riunisce le grandi pale chiesastiche del secondo decennio dove Saraceni, nell’affrontare le grandi raffigurazioni per gli altari, va progressivamente semplificando l’impaginazione data alle scene, riducendo il numero dei personaggi disposti intorno ai protagonisti, sottolineando i gesti con lame di luce che sottraggono i corpi alle ombre avvolgenti e profonde .
Straordinarie le due pale per la chiesa della nazione tedesca, Santa Maria dell’Anima, saldate nel corso del 1618: immagini di eccezionale potenza e tensione drammatica, accentuata dai contrasti chiaroscurali e dagli accesi cromatismi, una sorta di testamento spirituale lasciato a Roma prima del rientro a Venezia”.
Il legame con gli artisti veronesi
Una sezione della mostra è dedicata a illustrare il legame di Saraceni con alcuni giovani artisti veronesi, scesi a Roma attorno alla metà del secondo decennio del Seicento, che collaborarono con il pittore in alcune imprese decorative (cappella Ferrari in Santa Maria in Aquiro e Sala Regia al Quirinale). Tra loro: Marcantonio Bassetti con il Paradiso, risalente agli anni romani, ispirato all’analoga composizione giovanile di Saraceni ma tradotta con un fare pittorico molto più corsivo, e il Sant’Antonio che legge, eseguito al tempo del rientro a Verona (intorno al 1620-1621), suggestionato dall’Estasi di San Francesco di Saraceni; Alessandro Turchi detto l’Orbetto, presente con la Resurrezione di Lazzaro, acquistata da Scipione Borghese nel 1617, massima espressione dell’impatto del pittore con la cultura caravaggesca romana, e la Liberazione di San Pietro, della metà degli anni venti, dove i ricordi del naturalismo caravaggesco sono temperati da influenze del classicismo emiliano. Di Antonio Giarola, abitante dal 1617 al 1619 nella casa romana di Saraceni e altresì menzionato nel testamento di quest’ultimo, redatto a Venezia nel 1620, come “Antonio Girola Veronese che mi serve”, di cui si espone il Miracolo della mula. Infine è presente anche Pietro Bernardi con la pala Sacra Famiglia con S.Gioacchino e S.Elisabetta, che testimonia la precoce apertura della cultura veronese alla poetica caravaggesca intorno alla metà del secondo decennio.
Arricchiscono la mostra veneziana
In particolare, sono da segnalare alcune opere che arricchiscono la mostra veneziana come il disegno raffigurante Andromeda del Cavalier d’Arpino, conservato nel Gabinetto disegni e stampe delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, e posto a confronto con il piccolo dipinto giovanile di Saraceni di analogo soggetto, di chiara matrice arpinesca; lo splendido San Rocco della Galleria Doria Pamphilj accostato al San Girolamo di Jacopo Bassano, delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, per evidenziarne la componente veneta, e più specificatamente bassanesca, sempre indicata dalla critica; il dipinto della Maddalena penitente della Pinacoteca Civica di Vicenza, da accostare alle altre due versioni dello stesso soggetto, già presenti nella mostra romana.
La morte dell’artista
Come testimoniano alcune fonti letterarie, l’artista rientrò in laguna chiamato dalla Serenissima per compiere un telero con Il Doge Dandolo incita le crociate per la Sala del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale, destinato a sostituire un dipinto tintorettesco di soggetto analogo che si era danneggiato. Il telero fu ideato e forse impostato dal pittore veneziano, ma venne compiuto e firmato, dopo la sua morte, dal francese Jean Le Clerc, suo allievo negli ultimi anni romani e trasferitosi con lui a Venezia.
In mostra si trova esposto il testamento dell’artista, redatto in casa Contarini dove morì, conservato nell’Archivio di Stato di Venezia. E’ presente inoltre il volumetto commemorativo Dogliose lacrime della Biblioteca Marciana, scritto dal religioso Maurizio Moro in morte del pittore e dedicato a Giorgio Contarini, mecenate di Saraceni.
Il ciclo di conferenze
Lungo il periodo di apertura della mostra, è previsto un ciclo di conferenze, organizzato e curato da Roberta Battaglia, che saranno volte ad approfondire alcuni aspetti dell’opera di Saraceni in rapporto con la cultura a lui contemporanea con l’apporto di studiosi specialisti dell’argomento a livello internazionale.
Catalogo e guida
Il catalogo generale della mostra veneziana resta quello curato da Maria Giulia Aurigemma e pubblicato da De Luca Editori d’Arte; mentre per l’occasione dell’edizione veneziana viene stampata una breve guida, sempre da De Luca, curata da Roberta Battaglia
Informazioni
Sede
Venezia, Gallerie dell’Accademia Campo della Carità, Dorsoduro 1050
Date della mostra
Dal 22 marzo al 29 giugno 2014
Orari
Lunedì: 8.15 – 14.00 (ultimo ingresso ore 13.15) Martedì > Domenica: 8.15 – 19.15 (ultimo ingresso ore 18.30)
Info e prenotazioni
tel. (39) 041 5200345
www.gallerieaccademia.org
info@gallerieaccademia.org
Biglietti
Il biglietto comprende l’ingresso alla Mostra Carlo Saraceni, alle Gallerie dell’Accademia e a Palazzo Grimani, Santa Maria Formosa
Biglietto intero: € 15,00
Ingresso ridotto: € 12,00 cittadini UE di età compresa tra 18 e 25 anni; insegnanti
Ingresso ridotto speciale: € 6,00 cittadini UE dai 12 ai 18 anni e over 65 anni, giornalisti; studenti e docenti universitari U.E. delle facoltà di architettura, conservazione dei beni culturali, scienze della formazione, iscritti ai corsi di laurea in lettere o materie letterarie con indirizzo archeologico, storico-artistico delle facoltà di lettere e filosofia, iscritti alle Accademie delle Belle Arti.
Ingresso gratuito: cittadini UE al di sotto dei 12 anni; dipendenti del Ministero Beni e Attività Culturali; membri ICOM (International Council of Museums); diversamente abili U.E. accompagnati da un familiare o da un assistente socio-sanitario; giornalisti per i primi 10 giorni di apertura guide turistiche e interpreti con patentino nell’esercizio della propria attività.
Costo della prenotazione:
prenotazione singoli: € 1,50 a persona / prenotazione scuole: € 7,00 (da 11 a 30 persone).
Mostra ideata da
Rossella Vodret
e curata da
Maria Giulia Aurigemma e Roberta Battaglia
prodotta da
Venezia Accademia
Comunicazione
Civita Tre Venezie
Ufficio stampa
Civita Tre Venezie Anna Zemella t 0415208493 – 335 5426548 annazemella@annazeta.it
Soprintendenza Speciale per il Patrimonio storico artistico ed etnoantropologico e per il Polo museale della città di Venezia e dei comuni della Gronda lagunare – Ufficio stampa e comunicazione
Valter Esposito valter.esposito@beniculturali.it
Roberto Fontanari roberto.fontanari@beniculturali.it
Sandra Rossi sandra.rossi@beniculturali.it
Allegato | Dimensione |
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CS Carlo Saraceni | 456.13 KB |
Giovanna Damiani | 339.83 KB |
Carlo Saraceni introduzione | 379.37 KB |
Scheda tecnica | 357.42 KB |